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La forma come mediazione e come conflitto

Convegno annuale dell’Associazione di Teoria e Storia Comparata della Letteratura

Pisa, 11-13 dicembre 2025

 

 

Il tema

Il convegno annuale COMPALIT sarà dedicato alla riflessione su come le forme letterarie e artistiche esprimano i conflitti e le antinomie di ogni epoca. I modi con cui la letteratura (e le altre arti) danno forma alla contraddizione (sociale, politica, psicologica ecc.) sono molteplici, ma tutti essenzialmente concepibili come operazioni di filtraggio e codificazione di tali tensioni. Gli approcci ermeneutici che hanno provato a dare conto di queste operazioni di filtraggio sono principalmente due: 1. quello che considera i testi come espressione pressoché trasparente e quasi documentaria delle contraddizioni reali, sia che se ne facciano portatori espliciti sia che provino a conciliarle e al limite a rimuoverle; 2. quella che privilegia lo statuto autonomo dei testi, il loro potere deviante rispetto alla realtà, la loro capacità di trasfigurare i referenti storici e sociali per restituirci delle visioni impreviste, impensate. A voler semplificare si dirà allora che la dicotomia è tra una concezione di letteratura che reagisce e risponde “immediatamente” alle sfide della realtà, e una che tende piuttosto a rielaborarle, deformarle e straniarle.

Un altro modo per dare conto di questa dicotomia è parlare di un approccio critico più interessato alla rappresentazione mimetica della realtà, e uno più interessato ai codici attraverso cui la realtà viene rappresentata. Queste due componenti sono sempre presenti, ma gli approcci critici hanno privilegiato di volta in volta più l’una o l’altra attitudine. A noi preme confrontarli situandoli entrambi sotto il segno del concetto di mediazione, sia che esso venga promosso o rifiutato (ogni autore o movimento poetico si definisce anche tenendo conto di “quanta realtà” in-mediata intenda fare entrare nei testi).

Ciò che ci interessa è esplorare queste idee attraverso l’organizzazione formale dei testi, che intenderemo come inevitabile filtro rispetto al reale. Operazioni di filtraggio che possono sia farsi carico direttamente, esplicitamente delle istanze conflittuali extra-testuali (si ponga mente a quanto il surrealismo e altre avanguardie abbiano inteso rendere espliciti l’inconscio o l’insensatezza),oppure cercare di inventare mediazioni che prevedano una presa di distanza, un’attitudine obliqua. Un altro modo per dire la stessa cosa è riferirsi a una letteratura che rispecchia e un’altra che deforma e traspone la realtà. Si pensi qui soltanto a come il genere cosiddetto fantastico filtri certe antinomie in modo molto diverso da quanto fanno i testi improntati alle poetiche del realismo. La domanda più generale a cui il convegno intende provare a rispondere è: che tipo di effetti producono le operazioni di filtraggio ed elaborazione sui referenti da esse processati, e che tipo di mediazioni prevedono? Che tipo di modificazioni di senso e valore intervengono nella transcodificazione o “messa in opera” degli stimoli reali da parte degli autori, e come le loro opere vengono a loro volta accolte, comprese, digerite da lettori e critici?

Ci interessa considerare la letteratura e i suoi dintorni in quanto grande e perdurante gioco di mediazione simbolica rispetto a un Reale oggi forse più incombente e opaco di ieri.

Una riflessione di questo genere è oggi più che mai necessaria: negli ultimi quarant’anni si è diffusa infatti un’idea che privilegia la funzione conciliatoria se non addomesticatrice della letteratura, che si oppone con forza alla lunga tradizione postromantica che la intendeva invece come portatrice di un conflitto o una contrapposizione rispetto al pensiero dominante, sintetizzabile con la formula foucaultiana della letteratura come «grande estranea». Per riprendere una distinzione di Stefano Calabrese, se per molto tempo si è attribuito alla letteratura una funzione «di opposizione», adesso molti gliene attribuiscono una «di governo», che per esempio assegna al testo il compito di «réparer le monde», come scrive Alexandre Gefen, e quasi di consolarci, compensarci per le aporie e i difetti della vita. Ciò avviene sia che si intenda tale compito in chiave euforica (come Martha Nussbaum o lo stesso Gefen) o piuttosto disforica, come Franco Moretti, con la sua idea di romanzo come palestra cognitiva che mira a educare il lettore ad accettare le regole di socializzazione e integrazione dell’individuo nella società borghese – ma sulla medesima linea si collocano anche molti studies che considerano i testi applicazioni di tecnologie di dominio, intendendo la letteratura come istituzione al servizio del potere sociale, coloniale, di genere.

Anche al di fuori degli studi letterari, nei dibattiti che attraversano i social network e i media, emerge la polarità conflitto/conciliazione, che spesso s’irrigidisce in un contrasto apparentemente insolubile. Alle opere letterarie viene per esempio chiesto conto della loro posizione rispetto alla questione dei diritti, e dei rapporti di potere tra individui, istituzioni, classi, e le si giudica sulla base di quella loro (implicita o esplicita) scelta di campo. Come critici e lettori siamo dunque chiamati a schierarci tra chi considera il testo come partecipe/complice di una qualche ideologia, o comunque impegnato a occultare i conflitti reali, e chi viceversa lo propugna come momento di esplicita rottura e contestazione del discorso dominante. Ma è proprio così? Deve prevalere un’idea di letteratura schierata pro o contro, ma comunque intesa in relazione ai rapporti di forza di una ideologia, sia essa dominante o subalterna?

D’altra parte, come si è detto, mediazione può voler dire anche sintesi (instabile) di istanze opposte, produzione di forme che provino a tenere insieme elementi recalcitranti a ogni conciliazione. Questo approccio è oggi forse meno praticato, ma non per questo merita d’essere tralasciato. Se le concezioni “sedativa” e “conflittuale” della letteratura sono interne a una logica polarizzata, l’idea di mediazione letteraria prevede piuttosto che i conflitti siano rielaborati, trasformati, ma non per questo finalmente armonizzati e dati per risolvibili.

 

Le linee di ricerca

Le sessioni parallele del convegno sono articolate lungo cinque linee di ricerca, alle quali è necessario attenersi in modo stringente. Non saranno infatti accettate proposte di comunicazione che non abbiano un’evidente pertinenza rispetto al tema del convegno e a tali indicazioni. Altrettanto cogente ai fini della selezione sarà l’impianto autenticamente teorico-comparatistico del progetto, attestato dall’abstract e anche dal profilo bio-bibliografico del/la proponente. Le proposte potranno partire anche da casi specifici, che dovranno tuttavia essere dotati di valore generale, richiamando un quadro teorico-metodologico chiaro e originale.

N.B.: Le proposte di intervento vanno inviate solo ai/alle coordinatori/coordinatrici dell’ambito a cui si intende partecipare.

 

1. Storia e storiografia letteraria

Coordinato da: Niccolò Scaffai (niccolo.scaffai@unisi.it), Daniele Giglioli (daniele.giglioli@unitn.it)

Come è stata intesa la storia della letteratura nel corso del tempo? Dall’idea brunéteriana di «evoluzione» lineare, si è passati sempre più di frequente a concezioni maggiormente dinamiche. Dunque, anzitutto, si vuole riflettere su come i diversi pensatori abbiano considerato la storia della letteratura come teatro di compromessi e sintesi dialettiche, o al contrario come successione di momenti di conflitto. Bachtin, per esempio, riteneva che il romanzo fiorisse in epoche di crisi e trasformazione del panorama culturale, comportando un rinnovamento anzitutto formale che passava per un conflitto incomponibile tra istanze testuali (la «rivolta del personaggio»). E si pensi all’idea jaussiana di una storia della letteratura come provocazione, all’angoscia dell’influenza come dinamica edipica indagata da Bloom, o alla «mossa del cavallo» di Šklovskij. Ma anche ad indagini su specifiche opere o gruppi di opere della tradizione letteraria che – a partire da elementi formali come struttura, sistema dei personaggi, composizione – provocano momenti di rottura o conflitto (si pensi alle letture di Riley, Segre o Foucault sul Don Chisciotte), o al ruolo del dramma barocco secondo Benjamin. E, più in generale ci si potrà chiedere: se la storia delle forme, come sostenevano Adorno e Benjamin, può essere un barometro più preciso di altre forme di storiografia, è perché essa riflette quella storia, o perché ne mostra anche gli elementi esclusi, rimossi, cancellati?

 

2. La forma nelle teorie della letteratura

Coordinato da: Stefano Brugnolo (stefano.brugnolo@unipi.it), Laura Neri (laura.neri@unimi.it), Attilio Scuderi (ascuderi@unict.it)

il panel vuole esplorare le teorie della letteratura che hanno proposto un’idea di forma come conflitto, come riflesso di un’ideologia o come mediazione e formazione di compromesso. A titolo esemplificativo e non esaustivo si possono considerare le riflessioni sul modo in cui conflitti o mediazioni incidono sulla forma stessa del testo, al di là dei contenuti manifesti e superficiali. Si pensi all’ironia, tropo per eccellenza della duplicità e dell’ambivalenza;alle teorie del romanzo da Schlegel a Ortega, passando per Lukács; alle teorie letterarie che insistono sia sulla persistenza di conflitti dentro i testi (Orlando), sia sulla loro risoluzione immaginaria (Jameson); oppure a quelle antropologie della letteratura che utilizzano approcci cognitivisti e darwinisti per indagare il gioco culturale come “messa in forma” del mondo. Ma si pensi anche alla funzione dei generi letterari: per esempio, l’idea morettiana del romanzo come forma simbolica o, al contrario, l’intuizione bachtiniana di una linea dialogica e plurivoca del romanzo moderno; oppure alla dialettica inesauribile tra ripetizione e innovazione che apre le riflessioni sui generi letterari, in funzione dell’orizzonte di attesa che caratterizza la produzione e la ricezione dei testi. O ancora, all’idea della lirica come epidissi e dell’io lirico come «voicing», effetto di voce (Culler), che implica una irredimibile scissione interna al testo, così come lo implicano le teorie che vedono nella lirica un dialogo, spesso in absentia.

 

3. Le forme della mediazione: altri media, altri saperi

Coordinato da: Stefano Ercolino (stefano.ercolino@unive.it), Massimo Fusillo (massimo.fusillo@gmail.com), Carlo Tirinanzi De Medici (carlo.tirinanzi@unipi.it)

Tutti i media hanno diversissime strategie formali con le quali comunicano, in modo più o meno velato, contenuti poco accettabili o dicibili nel loro contesto culturale, o al contrario celebrano e riconfermano la cultura dominante, ed ovviamente fra questi due poli ci sono innumerevoli soluzioni intermedie che sono interessanti da esplorare. Basta pensare alle infinite strategie che la pittura ha usato per celebrare o decostruire il potere per cui lavorava; alle svariate tecniche con cui il cinema e gli altri prodotti audiovisivi possono suscitare empatie latenti attraverso le soggettivizzazioni, o evocare l’indicibile; alla sinergia fra visione, musica e parola, tipica dell’utopia wagneriana dell’opera d’arte totale, che è potuta diventare lo strumento più potente al servizio della propaganda staliniana, come hanno dimostrato le ricerche di Gian Piero Piretto sull’Unione sovietica. Un’arte come il teatro ha dovuto lottare da sempre contro svariate forme di censura, a causa dell’impatto emotivo che la performance dal vivo suscita, ancora più accentuato nel melodramma, mentre la musica puramente strumentale presenta al contrario forme di mediazione più sottili e complesse, come avviene anche per la danza. Le specificità dei diversi media si ripercuotono dunque nelle strategie con cui essi possono ricomporre o estremizzare i conflitti.

Queste osservazioni generali assumono nuove prospettive negli attuali ecosistemi narrativi e nella transmedialità, poiché il passaggio dall’uno o all’altro medium obbliga a riconfigurare le strategie adottate, spesso con effetti sorprendenti. In arti e linguaggi che hanno un rapporto assai marcato con il sistema di produzione, come la pubblicità, la moda, o la fotografia, la dialettica tra pacificazione e conflittualità è molto intensa: alcune fotografie di Oliviero Toscani, proprio per la loro innegabile bellezza e seduzione formale, denunciano le ineguaglianze mentre assecondano allo stesso tempo un sistema che quelle stesse diseguaglianze le produce; una sfilata iper-camp di Jean-Paul Gaultier sconvolge i ruoli sessuali dominanti della stessa cultura di cui è parte integrante.

Oltre a studiare le diverse forme intermediali e transmediali di mediazione dei conflitti, il panel si occuperà anche delle nuove prospettive cognitiviste, che valorizzano l’intreccio tra mente e corpo (la conoscenza embodied e la simulazione incarnata) e riformulano conflitti già noti in chiave diversa (la dialettica della violazione dell’orizzonte d’attesa diventa, ad esempio, una deviazione dagli script), mentre l’idea della letteratura come palestra cognitiva può rimandare tanto a una visione conciliante, prosociale, del fatto letterario, quanto a una più contrastiva, per cui proprio l’incontro con l’alterità del testo permette al lettore di sviluppare una necessaria flessibilità cognitiva. Allo stesso tempo l’insistenza sulla dimensione emotiva, timica, che deriva anche dai tanti studi dell’emotional turn, può enfatizzare una fruizione immediata del testo, meno attenta alle sue mediazioni e alle sue conflittualità spesso latenti.

 

4. Le forme tipografiche tra mediazione e conflitto

Coordinato da: Donata Meneghelli (donata.meneghelli3@unibo.it), Beatrice Seligardi (beatrice.seligardi2@unibo.it)

A partire dall’invenzione della stampa, in parallelo con lo sviluppo tecnico e con il progressivo standardizzarsi dei formati e dell’immagine visibile dei testi, le forme letterarie si sono materializzate in forme tipografiche – il libro, con il suo ordine irreversibile e la sua chiusura, e poi caratteri, spaziatura, impaginazione, interlinea, a capo, segni diacritici – che di volta in volta si sono fatte garanti o complici della forma del testo, fino a diventare trasparenti, oppure l’hanno sabotata, sovvertita, modificata, perché, come ha scritto Roland Barthes, “il Libro-Oggetto si confonde materialmente con il Libro-Idea, la tecnica di stampa con l’istituzione letteratura, cosicché attentare alla materialità regolare dell’opera significa prendere di mira l’idea stessa di letteratura”. La forma tipografica si presenta dunque anch’essa come un filtro, come la mediazione della mediazione, spazio che si apre tra testo come idealità e testo come oggetto. Allo spazio tipografico possiamo accostare il concetto di “spazio mediale” (Isotta Piazza), che dall’impaginazione del libro oggi deflagra anche nel web, riportando in auge una frammentazione che era stata propria già della narrazione romanzesca ottocentesca nella forma del feuilleton: in che modo le piattaforme informatiche e le loro specificità (layout di pagina, tempistiche di pubblicazione, fruizione del testo, possibilità di interazione con l’utente ecc.) possono influenzare la stessa morfologia delle narrazioni letterarie che vi trovano spazio, incidendo quindi anche sui processi compositivi verso una letteratura potenzialmente sempre più granulare che rischia di scardinare l’identificazione della letteratura con l’oggetto “libro”? E in che modo i nuovi spazi mediali mediano e “filtrano” i conflitti o i consensi di cui le forme letterarie si fanno sempre e immancabilmente portatrici? Dall’inconscio tipografico a quello mediale, il panel si propone di indagare in maniera diacronica le dinamiche tensive delle forme della letteratura colte nella loro materialità.

 

 

5. La mediazione nella didattica letteraria – Compalit Scuola

Coordinato da: Emanuela Bandini (ema.bandini@gmail.com), Orsetta Innocenti (orsetta.innocenti@gmail.com), Marina Polacco (muccia.polacco@gmail.com)

L’opposizione tra un’idea di letteratura intesa come discorso capace di mediare, comporre e al limite addomesticare i conflitti, e una che invece enfatizza il potere di contestazione e sovversione dei testi si ripercuote inevitabilmente sull’insegnamento. Se si adotta l’uno o l’altro approccio si propenderà per uno studio che prevede anche la demistificazione del valore sacrale dei testi o uno che ne sottolinei le valenze disturbanti e stranianti. Sarà forse anche utile pensare a dei veri e propri case studies e cioè alla selezione di esempi efficaci individuati a partire dalle indicazioni dei programmi scolastici, e che possano essere esaminati come problematici e passibili di letture alternative. Ci sarebbe inoltre da prendere in esame la questione dell’attualizzazione dei classici, e cioè ci sarebbe da domandarsi se e quanto valga la pena fare emergere da quei testi conflitti, valori o ideologie che oggi sono (giustamente) oggetto di ripensamento critico. E come d’altra parte sia il caso di rispettare la diversità di quei testi e dei mondi da loro evocati rispetto al nostro sistema di valori, mostrando come essi rispondono e mettono a confronto altri conflitti e altre ideologie solo in parte comparabili ai nostri.

 

 

Adesione al convegno: modalità operative

 

1) Proposta comunicazioni per le sessioni parallele

Per partecipare al convegno è necessario inviare, entro il 15 luglio 2025, una proposta di intervento solo ai/alle coordinatori/coordinatrici di sezione (vedi sopra). La proposta deve contenere le seguenti informazioni: a) Titolo dell’intervento; b) Abstract di lunghezza compresa tra le 1000 e le 2000 battute (spazi inclusi); c) Breve profilo biobibliografico (max10 righe); d) Indicazione dell’ambito a cui si desidera aderire; e) Iscrizione all’Associazione (già avvenuta negli anni passati oppure nuova richiesta: vedi punto 2). Il Comitato scientifico vaglierà l’effettiva pertinenza delle proposte rispetto all’argomento e all’articolazione del convegno e comunicherà l’accettazione o meno delle proposte entro il 1 settembre 2025.

Le proposte dovranno riguardare da vicino le cinque linee di ricerca sopra elencate, sviluppando riflessioni di carattere teorico e/o analisi testuali in chiave teorico-comparata. Le comunicazioni potranno muoversi in prospettiva interdisciplinare, interdiscorsiva o intermediale, e su uno scacchiere geografico esteso alle culture extraeuropee e postcoloniali. Per agevolare la partecipazione e lo scambio di idee, sono ammesse comunicazioni anche in inglese o in francese.

La durata delle comunicazioni sarà tassativamente contenuta entro i 15 minuti.

È peraltro indispensabile che ogni partecipante garantisca la sua presenza almeno fino al termine della sessione, per poter partecipare alla discussione. Il mancato rispetto di tali condizioni comporta l’esclusione d’ufficio dell’intervento ai fini della successiva pubblicazione degli atti.

 

 

2) Iscrizione all’Associazione

La possibilità di tenere una comunicazione nella sede del convegno è subordinata all’iscrizione all’Associazione per gli Studi di Teoria e Storia Comparata della Letteratura. All’atto della proposta, sarà necessario precisare se l’iscrizione all’Associazione è stata compiuta negli anni passati (e dunque si procederà al rinnovo per l’anno in corso) o se invece avverrà per la prima volta in occasione di questo convegno. In tal caso, andrà contestualmente compilata una motivata richiesta di iscrizione che contenga una sintetica descrizione della propria attività di ricerca, indirizzata al Presidente dell’Associazione (fusillo@gmail.com).

Il contributo per le nuove adesioni e per i rinnovi è fissato in 70 europer gli strutturati (ricercatori, professori associati e ordinari in Italia e/o assimilabili all’estero), e in 35 euro per tutti gli altri (dottorandi, borsisti, assegnisti, contrattisti, ricercatori indipendenti, insegnanti di scuola in Italia e/o assimilabili all’estero). Il contributo dovrà essere versato con congruo anticipo rispetto alla data del convegno, in modo da poter avere traccia delle operazioni, tramite bonifico bancario (le istruzioni per l’iscrizione e i dati bancari sono reperibili qui: http://www.compalit.it/iscrizione/).

 

 

3) Definizione del programma e pubblicazione degli atti

La pubblicazione del programma definitivo del convegno è prevista per il mese di ottobre 2025.

I paper approvati e presentati al convegno saranno successivamente selezionati secondo il meccanismo della peer-review per essere pubblicati. Se ne richiederà pertanto l’invio in tempo utile perché i curatori, congiuntamente al Comitato direttivo e alla redazione editoriale, possano allestire con cura le operazioni di lettura e valutazione (nella sede del convegno verrà comunicata con precisione la data ultima per la consegna dei saggi e le modalità di pubblicazione).

 

Comitato scientifico

Stefano Brugnolo, Stefano Ercolino, Massimo Fusillo, Daniele Giglioli, Donata Meneghelli, Laura Neri, Niccolò Scaffai, Attilio Scuderi, Beatrice Seligardi, Carlo Tirinanzi de Medici.

 

Comitato organizzativo

Stefano Brugnolo, Massimo Fusillo, Valentina Sturli, Carlo Tirinanzi de Medici.